Ai Weiwei a Palazzo Strozzi.
AI WEIWEI. LIBERO
Tra le personalità più sfuggenti del mondo dell’arte, l’artista cinese Ai Weiwei è senz’altro capace di far parlare di sé ancor prima di aver detto la sua. Le ragioni sono tante e non sono da collegare solo al genere artistico che frequenta, ma anche e soprattutto all’uso esponenziale di internet e social network, a cui affida ogni giorno il suo pensiero e una moltitudine di immagini tratte dalla sua (spesso turbolenta) quotidianità. Ai Weiwei. Libero (Palazzo Strozzi dal 23 settembre 2016 al 22 gennaio 2017) è la retrospettiva italiana che il curatore Arturo Galansino ha fortemente voluto a Firenze per raccontare il variegato percorso dell’artista e per proiettare il capoluogo toscano in una dimensione artistica più contemporanea.
UNA ‘NUOVA CORNICE’ PER PALAZZO STROZZI
La sede della mostra si presta particolarmente bene ad innescare questo dialogo a distanza tra forme espressive ed epoche diverse, avvertendo i visitatori di questo cortocircuito estetico già dall’esterno, attraverso l’opera site specific Reframe (2016). Ventidue gommoni in PVC arancione segnano il ritmo architettonico della facciata, evidenziando le maestose bifore volute per il piano nobile del suo palazzo dal banchiere fiorentino Filippo Strozzi (1489-1538) e, al contempo, riuscendo a evocare le drammatiche immagini di coloro che fuggono da morte certa per affidare la loro sopravvivenza a imbarcazioni precarie simili a quelle scelte dall’artista cinese. Al di là delle polemiche che hanno avvolto quest’opera sin dalla sua installazione, è bene sottolineare come proprio di questo genere di contrasti concettuali si nutra non soltanto il lavoro di Ai Weiwei, ma anche quello della gran parte degli artisti orientali contemporanei, in bilico tra un passato millenario e un futuro indissolubilmente legato alla tecnologia e alla sperimentazione.
PASSATO, PRESENTE E LA TEORIA DEI CONTRASTI
L’ingresso al piano nobile, ad esempio, è salutato da Stacked (2012), un complesso intreccio di biciclette installate come un novello arco di trionfo che rimanda all’artista che intuì per primo le potenzialità estetiche degli oggetti quotidiani: non solo un monumentale omaggio a Ruota di bicicletta (1913) di Marcel Duchamp, ma anche al mezzo di locomozione più diffuso nella Cina in cui è cresciuto Ai Weiwei; dunque, un ennesimo connubio tra presente e passato. Non si tratta solo di far dialogare epoche diverse. Uno dei meriti più evidenti dell’artista cinese, infatti, resta senza dubbio la sua verve dissacrante, tesa a sdrammatizzare l’intoccabilità della tradizione per reinvestirla di nuovi significati: la celebre riedizione di Dropping a Han Dynasty Urn (2016) è un trittico fotografico che ritrae Ai Weiwei mentre lascia cadere a terra un antico vaso cinese (206 a.C.- 220 d.C.), mentre Han Dynasty Vases with Auto Paint (2014) sottopone i medesimi oggetti millenari a un’immersione nella vernice per auto. Lo stesso potrebbe dirsi per la serie Renaissance, appositamente pensata per gli spazi di Palazzo Strozzi: Dante Alighieri in LEGO, 2016 o Girolamo Savonarola in LEGO, 2016, tra gli altri, costituiscono un ennesimo omaggio ai fiorentini e al loro illustre passato, ma i mattoncini colorati con cui sono realizzati li riportano ad una dimensione autenticamente Pop.
VERITÀ E LIBERTÀ AL SERVIZIO DELL’ARTE
La mostra è ampia e tocca le tante fasi di una lunga carriera iniziata nei primi anni ottanta, con il trasferimento a New York e la frequentazione di un ambiente radicalmente nuovo agli occhi di un ragazzo cresciuto lontano, in una Cina comunista ancora del tutto impermeabile all’esterno. Le opere giovanili sono evidentemente importanti perché segnano una precisa direzione estetica, indicando come la realtà più spicciola possa diventare un’inesauribile fonte d’ispirazione. Lo dimostra la serie fotografica New York (1983-1993) che occupa gli spazi espositivi della Strozzina. Ciascuno di questi scatti, a tratti sfocati e incerti, infatti, si nutre già dei valori da cui Ai Weiwei non vorrà prescindere negli ultimi anni: la verità di quelle immagini e la libertà della gioventù vissuta lontana da casa sono, in fondo, le stesse che innescano e alimentano le ricerche sulle giovanissime vittime del terremoto nel Sichuan (Rebar and Case, 2014) che gli varranno diversi mesi di detenzione. In Surveillance Camera and Plinth (2015), infine, vi è la rappresentazione più efficace degli strumenti tecnologici elevati a simbolo di controllo e repressione, quasi a ricordare il più incisivo dei Weiweismi: “Tutto è arte, tutto è politica”.
Elena Tettamanti
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Firenze // fino al 22 gennaio 2017
Ai Weiwei. Libero
a cura di Arturo Galansino
Fondazione Palazzo Strozzi
piazza Strozzi, 50123 Firenze
http://www.palazzostrozzi.org
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Photo credits:
1. Ai Weiwei
Reframe (Nuova cornice), 2016
PVC, policarbonato, gomma
650 x 325 x 75 cm ciascuno
Courtesy of Ai Weiwei Studio
2. Ai Weiwei
Stacked (Impilate), 2012
Biciclette, acciaio, gomma
571 x 1214,7 x 733,9 cm
Courtesy l’artista e Galleria Continua, San Gimignano/Beijing/Les Moulins/Habana
3. Ai Weiwei
Han Dynasty Vases with Auto Paint (Vasi della dinastia Han con vernice per carrozzeria), 2014
Vasi della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.) e vernice per carrozzeria
46 x 42 x 42 cm; 42 x 39 x 39cm; 51 x 48 x 48cm; 49 x 51 x 51 cm;
53 x 46 x 46 cm; 50 x 44 x 44 cm; 47 x 42 x 42 cm; 49 x 45 x 45 cm
Courtesy of Ai Weiwei Studio
4. Ai Weiwei
Crystal Cube (Cubo di cristallo), 2014
Cristallo
100 x 100 x 100 cm
Courtesy of Ai Weiwei Studio
Settembre 2016
Elena Tettamanti