Un esempio è fornito dai due quadri presenti nello spazio di passaggio precedente questa sala, e da Dalla metafisica del colore: i concetti strutturali elementari geometrici, Ettore e Andromaca, 1978 (esposta alla XXXVIII Biennale Internazionale d’Arte di Venezia nel 1978), che si basa sul rapporto dimensionale tra tela e linea e su proporzioni matematiche legate alla sezione aurea.
Il tema di riferimento di questa serie è espressamente mitologico ed è un omaggio diretto al mondo metafisico di Giorgio de Chirico così come lo è un testo che Nigro scrive nel 1975 e che si intitola La metafisica del colore.
Il terremoto che nel 1980 colpisce l’Irpinia in Italia centrale e che causa numerosi morti e feriti, è il fattore contingente e scatenante per l’origine di una serie di dipinti che Nigro esegue a partire da quell’anno e fino all’anno successivo: “Ormai non se ne parla: il terremoto è stato una catastrofe, ben più grave, ci sovrasta, ora più che in passato: una guerra” (Nigro). L’evento catastrofico rispecchia, in questo momento della sua vita artistica, un terremoto altrettanto tumultuoso ed intenso. La consapevolezza della precarietà della vita e del tempo lascia un segno indelebile nella pittura di Nigro. A questa serie di opere appartengono Rivoluzione, 1981 e Il terremoto (dalla Tempesta), 1980. Un lavoro quest’ultimo la cui germinazione è nel fulmine che si vede nella Tempesta, 1502/1503, di Giorgione a cui Nigro fa riferimento diretto nel titolo.
L’assoluta centralità della linea prosegue nella nuova produzione degli “Orizzonti”: questa volta, però, il tracciato non tocca le estremità della tela, ma si interrompe prima proprio a enfatizzare il senso di solitudine, di repentina e tragica fine. Ormai abbandonata la logica matematica, precisa e rigorosa, la pittura di Nigro si fa sempre più introspettiva e analitica fino a segmentare la linea nella sua unità più inscindibile, il punto, come nelle due opere [Senza titolo], 1984.
Crediti per le fotografie
Prima due foto: Agostino Osio ©, Milano
Terza foto: Bruno Bani ©, Milano
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