Da un periodo di quasi totale inattività, dovuto anche ad un incidente d’auto del 1960, lentamente l’artista riprende, nonostante tutto, il suo lavoro e volta pagina.
In parallelo alle ultime ricerche sullo “Spazio totale”, l’artista introduce, tra il 1962 e il 1964, una nuova dinamica percettiva attraverso la tecnica del collage, così da attenuare la struttura a griglia che aveva fino ad allora connotato la sua produzione. Prende avvio la nuova serie dei “Collages vibratili”.
Tanto erano predominanti le tonalità scure nelle tensioni reticolari e nelle opere eseguite tra il 1956 e la fine degli anni Cinquanta, tanto i collage si distinguono per una particolare delicatezza, luminosità, e tenuità dei colori. Per ottenere le forme, costituite da cerchi a raggiera, creati da una sequenza fittissima di linee sottili che si intersecano tra loro, Nigro utilizza piccoli triangoli di carta che assembla, da qui l’uso nel titolo del termine “collage”, sulla tela.
L’associazione che queste opere suscitano nel nostro immaginario è duplice. Da una parte sembra di entrare in un cosmo, un universo fatto di tante stelle dove non esiste più alcuna contingenza di tempo e dove lo spazio si è diradato fino a toccare l’infinito, dall’altra parte, l’impressione è quella di osservare un cristallo al suo interno fino ad arrivare a vedere le particelle più infinitesimali. Una sensazione quest’ultima rafforzata dal fatto che l’artista stesso, quando descrive questi collage, parla di rapporti “cristallografici”.
I “collage vibratili” sono presentati alla XXXII Biennale di Venezia del 1964 a cui Nigro partecipa su invito di Lucio Fontana.
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Agostino Osio ©, Milano
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